“La candelora è luce come l’idea e la luce e l’idea che viene generata da un percorso di fede da un percorso di ricerca di studio, faccio alcuni esempi (…) Da che mondo è mondo quando vogliamo raffigurare un’idea vediamo una lampadina accesa (…) La preghiera di un singolo può illuminare un’intera città. L’idea di un singolo altrettanto. Il motore è la Fede. Tirare fuori quell’atteggiamento mistico che è presente in ognuno di noi. Non c’è differenza di cultura tradizione la Fede è Fede qualsiasi sia la persona che la pratica. L’idea dipende dalla Fede dal cuore dalla responsabilità dagli studi la ricerca e della volontà di una persona. Le idee allargano gli orizzonti trovano soluzioni illuminano la vita. L’idea sta nel cosa dirvi sta nel modulare l’idea attraverso la fede in un percorso di lavoro che comprende il volontariato e le attività proficue e la famiglia. Vorrei proporre adesso un’idea, ognuno si giri a destra o sinistra e abbracci la persona che ha accanto. Le buone idee smuovono il mondo, quelle cattive….? Ognuno si prende la propria responsabilità. L’idea che mi porta qua è quella di Salvo che un giorno mi ha proposto di entrare in questa dirigenza e questa dirigenza mi ha proposto di organizzare qualcosa che sdoganasse le retoriche, quei pensieri rituali, il già detto sulle candelore. L’anno scorso siamo partiti dal quartiere e per partire dal quartiere siamo partiti dai bambini che portano in maniera naturale ogni informazione alle famiglie. Un impegno che ci ha dato grandi soddisfazioni prima il convegno e poi la festa il 18 febbraio dove hanno partecipato non soltanto gente del quartiere ma anche cittadini catanesi e dell’hinterland. Quest’anno una grande idea. Appena saputo che una persona che conosco, un amico, Lucio Di Mauro viene insignito del titolo di presidente dell’Associazione giornalistica cattolici, immediatamente lo contatto. Ed eccoci qua. Stamattina Lucio mi ha detto che non compariva il mio nome in nessun modo nel programma nella locandina nell’articolo, io ho risposto che poco importa; l’importante è che siamo qui adesso e che ognuno ne tragga gioia. Togliamo più che possiamo l’io dei nostri discorsi e aggiungiamo il noi, il voi, allarghiamo lo sguardo. La luce ci consente di fare questo. Auguro a tutti di avere e di vivere vite luminose e piene di coraggio di fede di passione affinché si realizzi questo abbraccio globale in cui ci sia fondamentalmente pace e per tutti”
L’altro ieri
Spettacolo
La scrittura è un gesto fisico e mentale che mi piace sempre più, mi appassiona.
Ieri sera ho visto il film The Wife – Vivere nell’ombra (The Wife) del 2017 diretto da Björn Runge. Tratto da The Wife romanzo del 2003 di Meg Wolitzer. Un film in cui il tema è il sessismo e forse molto di più “l’autrice del testo a cui si rifà il film ha deciso di esplorare il modo in cui il mondo tratta diversamente gli uomini rispetto alle donne e scelto di farlo nell’ambito del matrimonio. Wolizter non ha sperimentato questa dinamica in prima persona e si è dunque ispirata alla storia di sua madre, la scrittrice Hilma Wolitzer, la quale fu apostrofata “casalinga diventata scrittrice” quando pubblicò il suo primo romanzo. Wolitzer madre percepì tale descrizione come sia sdegnosa che interessante, in quanto sembrava descrivere qualcosa di simile alla trasformazione di Clark Kent in Superman all’interno di una cabina telefonica.”
Non so bene perché associo queste parole, questa descrizione al cinismo e nel frattempo ricordo che i miei soliti pensieri mattutini li sto trasferendo in queste mail.
Sono giorni di ansia e frenesia poetica. Di immaginazione e di controllo di tutte le condizioni che si vengono a creare tra il lavoro di comunicazione ed espansione pratico che nel dialogo con chi è coinvolto direttamente ed indirettamente in questo progetto.
Pensa che un signore che ho conosciuto due anni fa sul set del Gattopardo, che ho contattato molto prima delle prove con Alice ai Salesiani. Un signore di cui ho saputo il cognome solo ieri, in quella che chiamo poesia espansiva, stamattina mi porta in aeroporto una serie di vestiti che ci presta tra cui una giacca per Filippo Melodia che è bellissima.
E il mondo attorno a noi si muove.
A seguire ieri sera, con grande gioia, vengono i miei figli a casa mia in due fasi diverse. Prima il grande poi la piccola. Abbiamo visto il film Nelle tue mani di cui ho già parlato nel mio blog https://www.curiosotv.it/2025/01/07/nelle-tue-mani/
In questi giorni mi sto allenando ad intrattenere il pubblico prima dello spettacolo, parlando di come sono arrivato al testo e di varie cose che portano al teatro e al tipo di teatro messo in campo, ed altri pensieri.
Da questi pensieri/prove ieri ho pensato anche a: l’esteriorità oggi più che mai per me equivale al consumismo. L’esteriorità oggi più che mail attraverso i social è dilagante. Vorrei portare a teatro tutti gli “estero dipendenti” da una parte, e gli eccentrici dall’altra.
I primi navigano sul web in tutte le pose, i secondi camminano per strade in tutti i colori. Entrambi sono persone che vogliono esprimere qualcosa e fare in tutti i modi perché il mondo li ascolti. Non sono outsiders, questi ultimi sono nascosti.
Ritorno al film che ho visto in prima serata e al mio presente. Non c’è niente di esistenziale e non esistenziale, ci sono simboliche priorità allo stesso tempo lo è in un meccanismo tra micro e macro “La microeconomia è lo studio dei sistemi economici su piccola scala, ovvero il modo in cui le teorie economiche funzionano quando sono applicate a un individuo, a un gruppo o a un’azienda. La macroeconomia, invece, guarda all’intera economia delle nazioni o del mondo.”
Per me i pensieri che pensiamo micro, forse inutili, possono diventare macro. Ed ecco che penso alla tua collaborazione alla tua dedizione, al tuo coinvolgimento mediato con la tua vita e spesso distratto dalla tua vita stessa con l’arma più potente che tu possa mettere in campo “i sogni”. Poi scatta la razionalità e un secondo dopo la fantasia. In questo proseguire.
Scrivendo e riscrivendo continuo a lavorare sulla selezione perché aiuta a me e non solo, e anche se penso di buttarmi in determinate conclusioni come per la ragazza del baretto pronta a diventare promoter. So che da tempo ho sviluppato un filtro (fede e saggezza alimentata) che mantengo sempre efficiente. Questa è energia, qualcuno più esperto potrebbe chiamarla fisica quantistica, che porta alla rivoluzione utilizzando l’aria, le forze dell’universo.
“Agostino ieri era a Roma per scegliere vestiti per lo spettacolo” mi sembra un buon esempio
Ecco perché l’oggetto di questa racconto è grazie spettacolo!
Perché con tutti gli annessi e connessi siamo già tanto altro per essere ciò che siamo senza troppe mediazioni. La nostra bellezza illumina la bellezza di altri in un continuo procedere chiamato spettacolo con cui facciamo i conti nel bene e nel male anche se a volte non lo capiamo e soprattutto chi ci sta attorno non capisce.
Essere sé stessi vuol dire essere innamorati prima di tutto di noi stessi.
“Ho sempre riconosciuto il potere che gli individui hanno di cambiare virtualmente qualsiasi cosa nelle loro vite in un istante. Ho imparato che le risorse di cui abbiamo bisogno per trasformare i nostri sogni in realtà sono dentro di noi, ed aspettano soltanto il giorno in cui decideremo di svegliarci e reclamare il nostro diritto di nascita.” (…) “Le convinzioni hanno il potere di creare e il potere di distruggere. Gli esseri umani hanno la sorprendente capacità di prendere qualsiasi esperienza dalla propria vita e creare un significato che tolga loro potere oppure uno che letteralmente salvi la loro vita.” (Anthony Robbins)
buon giorno
Nelle tue mani
Ieri sera ho guardato un film molto interessante il tema, la narrazione, il pathos, la poesia consequenziali e commoventi. Nel film trovi questa frase: “Il genio non è che l’infanzia ritrovata per un atto di volontà”. Charles Baudelaire in L’art Romantique, descrive così quella che possiamo definire come “creatività”: quella capacità di riconoscere tra pensieri e oggetti rapporti nuovi, di uscire dagli schemi e modificare e trasformare la realtà.
TRAMA
Mathieu è un giovane della periferia parigina che frequenta il suo gruppo di amici e si dedica a qualche furto con scasso. Da bambino aveva conosciuto Monsieur Jacques, suo nonno, un vecchio insegnante di pianoforte, che era riuscito a trasformarlo in un vero virtuoso. Dopo la morte del signor Jacques, Mathieu eredita il suo pianoforte ma sua madre, per mancanza di mezzi finanziari, non può permettergli di fargli avere altre lezioni di pianoforte. Mathieu sprofonda in una malinconia venata di rabbia per non essere riuscito a portare avanti un progetto musicale degno del suo talento. Per caso, mentre Mathieu suona alla Gare du Nord un pianoforte messo a disposizione del pubblico, il ragazzo viene notato da Pierre Geithner, figura importante del Conservatorio di Parigi.
Pierre è testimone di un inseguimento tra Mathieu e la polizia e capisce che il talentuoso ragazzo ha commesso dei reati. Un giorno lo ritrova seduto al pianoforte in stazione e cerca di convincerlo a venire al conservatorio, proposta subito respinta da Mathieu. Un giorno il ragazzo è sorpreso dalla polizia mentre esegue un brano con un pianoforte ma viene arrestato dalla polizia. Il giorno della sua udienza in tribunale, Pierre si appella per fornire al ragazzo una via di fuga: fa in modo che esca di prigione e che come pena sostitutiva debba andare ogni giorno al conservatorio per sei mesi per svolgere del lavoro socialmente utile.
Mathieu pensa di svolgere un semplice lavoro manuale, ma Pierre lo costringe a studiare pianoforte con un’insegnante qualificata e prendere parte a un concorso internazionale di altissimo livello. Mathieu incontra anche Anna, ragazza di cui si innamora, e nel frattempo entra sempre nella vita di Pierre, al punto che l’uomo gli offre la propria mansarda come alloggio andando contro il volere della sua stessa moglie. Fra alti e bassi, Mathieu riuscirà alla fine a far valere il suo talento ed a riscattarsi dalla sua vecchia vita.
Il Calamaro Gigante
Si può fare sempre di più soprattutto quando ci si sfida in uno spettacolo sfidante, composto di quadri associati e dissociati per una storia molto frammentata.
Le note del programma di sala ci dicono che “per chiunque salga a bordo di questo spettacolo (…) la storia più incredibile di tutte è proprio la realtà” Segue dicendo che l’obiettivo è incantare lo spettatore. Alla luce di quello che è stato mi sembra che l’invito sia stato formale, mi sembra che non abbiamo avuto, almeno io, una scaletta per salire a bordo ne tantomeno una mano.
Per me è facile essere incantato, e per esserlo non basta la bravura degli attori, la simpatia del coro o gli effetti luce o le proiezione. E non basta che questo Calamaro Gigante ci invita a “credere nei sogni e a farsi guidare da loro”. No! Non basta. È vero che tra dire e fare c’è di mezzo il mare e in questo spettacolo c’è simbolicamente tanto mare.
Sono stato ieri al teatro ABC con biglietto pagante a prezzo pieno pur essendo un operatore culturale riconosciuto. Desidero a volte andare a bussare al teatro di rivista, al teatro dei grandi numeri, della produzione di serie A, quella di giro, dei grandi teatri. Quella da 10 repliche. Il teatro di abbonamento e ieri c’era veramente tanta gente, teatro pieno, direi da operatore culturale “che bello!!”. Detto questo, cosa posso dire su questo spettacolo.
Dalla sinossi del libro di Fabio Genovesi edizioni Feltrinelli ” Del mare non sappiamo nulla, però ci illudiamo del contrario: passiamo una giornata in spiaggia e pensiamo di guardare il mare, invece vediamo solo “la sua buccia, la sua pelle salata e luccicante”. Forse perché appena sotto, e poi giù fino agli abissi, c’è una vita così diversa e strabiliante da sembrarci assurda, impossibile. Come per secoli è sembrata impossibile l’esistenza del calamaro gigante, il mostro marino che ha mosso alla sua ricerca gli esploratori più diversi. Come il sacerdote Francesco Negri, che nel 1663 a quarant’anni compiuti parte da Ravenna per la Scandinavia misteriosa, diventando il primo viaggiatore a raggiungere Capo Nord. O come il capitano Bouyer dell’Alecton (a cui si ispirerà Jules Verne per scrivere Ventimila leghe sotto i mari), che mentre naviga verso la Guyana nota all’orizzonte qualcosa di inaudito: è la prima testimonianza del calamaro gigante, dei suoi occhi enormi e intelligenti, dei tentacoli come terribili serpenti marini avvinghiati alla nave. Ma nessuno gli crederà. Sono pochi infatti gli scienziati che ascoltano le parole degli uomini di mare – naviganti, pescatori, indigeni… –, i più le credono bugie da marinai o allucinazioni collettive: quel che hanno visto contraddice tutte le teorie che abbiamo scritto finora, e quindi non l’hanno visto. Fabio Genovesi racconta la vera storia di questo impossibile, del calamaro gigante e di chi lo ha cercato a dispetto di tutto, insieme a mille altre storie che come tentacoli si stendono dall’oceano a casa nostra. Ricordandoci che viviamo su un pianeta dove esistono ancora i dinosauri, come il celacanto, o animali come gli scorpioni che sono identici e perfetti da quattrocento milioni di anni, invitandoci così a credere nell’incredibile, e a inseguire i nostri sogni fino a territori inesplorati” Leggiamo scoperta, sguardi, voglia di osare, desiderio di comunicare ogni “oltre”.
Quindi grandi aspirazioni, bravi attori Angela Finocchiaro, Bruno Storti, i ragazzi del coro che si danno un gran da fare, gente di comprovata esperienza come il Regista Carlo Sciaccaluga degno figlio di cotanto padre Marco.
Secondo me l’inghippo sta nella “tavola cunzata” detto siciliano che significa “la tavola è l’unica cosa che vedrete“. Si, ho visto la tecnica e non il cuore, ho sentito il contesto benfatto, la strategia, la possibilità di offrire tempo da consumare ad un pubblico pagante, il pubblico degli abbonamenti che di solito sceglie il pacchetto come il cineclub. Io non ho visto nient’altro che la scena.
Le note di regia ci spingono a pensare che nello spettacolo c’è una spinta educativa. Ecco, vorrei abbracciarlo e dirgli che forse nelle sue intenzioni c’era questa idea. Mi sembra che ci abbia dato il libro e consigliato di leggerlo, semmai l’avesse letto con noi spettatori, sarebbe stato magnifico. Questo penso sia un sistema usurato, quello delle regia in fila indiana. Lo scrivo e lo dico perché in tutti i momenti in cui c’è stato un “attimo” di relazione con il pubblico si è poi trasformato in un pensiero già pensato. Un momento poetico c’è stato: quando per circa 3′ è saltato l’impianto audio in sala e sono saltati i microfoni. A volte amplificare la voce non serve se non specificatamente uno strumento di regia.
Il teatro di tutti i tempi a maggior ragione il teatro contemporaneo, quello dell’adesso, deve valere il biglietto. Il teatro che evolve ha il compito di proporre qualcosa. Il teatro necessita di un garante (la messinscena) che ci vuole portare da qualche parte. Il teatro, la spettacolarizzazione di un’opera, il lavoro di drammatizzazione, desideriamo che ci abbracci mentre aspettando il momento giusto, l’ascolto, imprime quell’emozione che diventa esperienza, cultura, approvvigionamento. Da tale vissuto diventa educazione. Caro Fabio suggerisci al regista più coraggio, grazie. Vs devoto spettatore collega Salvatore