Semplice

Maria Callas

Immagino per un attimo, può diventare infinito, di scritturare Maria Callas per un mio spettacolo. Scritturarla per aver ascoltato un richiamo da esprimere. Cosa succede dopo? Per esperienza posso dire che è una condizione di equilibrio tra potenza e capacità, tra scelte e missione. Pochi giorni fa alla chiusa dello spettacolo L’ispettore generale visto al Teatro Stabile di Catania, la compagnia è scesa in sala a fare un giro tra le poltrone della platea a battere le mani a ritmo di musica come al circo. Questa scelta mi è piaciuta perché si sentiva, in ognuno del cast con più o meno sollecitudine, l’attore che si porgeva al suo pubblico dopo, durante e ancora a porgere il lavoro di attore. Porgersi come attore nel mestiere di attore è più difficile che fare l’attore. Ogni lavoro è una scelta. Laddove si comunica un lavoro in forma plateale è ancora più difficile. Ecco perché sto attento ad ogni scelta e poco importa se l’entourage che accompagna una persona, un attore o una attrice, sembra potente distraente, è la sostanza di quello che produce, che per me è fondamentale. In una continua progressione di scelte. Emulare è una cosa, clonare è un’altra cosa. Ieri ho scritto ad una attrice per un incontro, non mi ha risposto forse perché infagottata da elucubrazione che ci allontanano reciprocamente da piattaforme lavorative condivise. L’attore è il teatro, tutto il resto è uno strumento a supporto, anche la regia che pur apportando una direzione drammaturgica molto spesso importante è niente senza l’attore.

Stamattina se non avessi incontrato questa foto e avessi voluto esprimere il mio sentire nel tempo che occorre per farlo, non saresti qui a leggere.

Come ha iniziato Maria Callas? Ancora studentessa, Maria esordisce sul palco nel 1939, all’età di 16 anni, in una produzione scolastica di Cavalleria Rusticana mandando in visibilio il pubblico: per la sua brillante interpretazione nel ruolo di Santuzza viene premiata dal Conservatorio.

Come ha iniziato Eleonora Duse? Nel 1862, a soli 4 anni, interpretò la parte di Cosetta in una versione teatrale de I miserabili. Nel 1878 conquistò il ruolo di prima amorosa nella compagnia Ciotti-Belli Blanes, e appena ventenne fu a capo di una compagnia con Giacinta Pezzana.

Come ha iniziato Shirley MacLaine? Studia recitazione durante gli anni scolastici e dopo la laurea viene scritturata come sostituta di Carol Haney nel musical The Pajama Game a Broadway nel 1954. Dopo l’infortunio della protagonista, recita sul palco per diversi mesi tanto da attirare l’attenzione del produttore Hal B.

Come ha iniziato Paola Cortellesi? Comincia a studiare recitazione dopo il diploma al liceo scientifico, nella scuola Teatro Blu, diretta da Beatrice Bracco. Dopo qualche esperienza in radio con Enrico Vaime, sbarca in tv nella trasmissione Macao, condotta da Alba Parietti, dove interpreta il personaggio di un’argentina.

«Esiste qualcosa, in ciascuno di noi, che ci induce a essere in un certo modo, a fare certe scelte, a prendere certe vie – anche se talvolta simili passaggi possono sembrare casuali o irragionevoli?» (J. Hillman, Il codice dell’anima, Adelphi, 2008)

E l’intero testo di Hillman intende proprio convincere chi legge dell’importanza del daimon perché, forse, vivere ascoltandoci dal cuore è l’unico modo per sentire quel qualcosa che chiama come da un altrove. L’autore, infatti, sembra presentare esempi di daimon per, alla fin fine, esortare chi non ha decifrato il suo codice a credere che è possibile farlo. Ma questo presentare alla vista l’agire del daimon potrebbe non bastare se chi guarda non è pronto, in quel momento, a vedere. E si può benissimo rischiare di non esserlo mai se nella quotidianità non si ha abbastanza spazio e/o volontà per un dialogo interiore che è, nella pratica, una vera ricerca. Questo perché, come spiega lo stesso Hillman, il fato «richiede la responsabilità dell’analisi» (ivi, p. 245) nel senso che quello che ci capita nella vita esige la costante domanda e risposta di un nostro nutrito e meditato perché. 

Ecco che, allora, la disponibilità alla tessitura di un significato per le particolarità e gli accadimenti che smuovono, nel bene o nel male, l’ordinarietà della nostra vita, rappresenta la via maestra per poter ascoltare l’eco che, mai stanco, insiste su un qualcosa in noi che sa riconoscerne il richiamo. Ed è proprio nel dare credito alla sensazione di questo invisibile che la nostra immagine, impressa in fondo all’anima, vorrà, forse un domani, risalire per poter essere vista perché, quel giorno, gli occhi della mente saranno pronti a vedere. E, probabilmente, come in uno specchio ondulato in mare aperto si vedrà che il codice dell’anima è la matrice che tiene viva l’anima stessa.

Buon giorno

fonte: https://www.lachiavedisophia.com/

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