Oriana

Leggendo Vita Immaginaria di Natalia Ginzburg scopro la scrittura di Oriana Fallaci. Una sua frase sulla libertà, indipendenza, della donna. Mi piacque molto e la resi testo da recitare in una mia recente drammaturgia.

A seguire senza una logica conseguenziale, in questi giorni, forse solo perché trovo brava Miriam Leone, ho guardato la fiction RAI dal titolo Miss Fallaci. Dedicata ad una delle figure più controverse e incisive del giornalismo italiano.

Oriana Fallaci, al di là di un carattere per nulla facile (a tratti insopportabile, stando alla testimonianza diretta di chi ha lavorato con lei), aveva una qualità rara: una prosa incandescente, fatta di emotività allo stato puro, di coscienza dell’efficacia “simbolica” della passione.

Alla fine delle 8 puntate c’è una magistrale chiusura del racconto (solo una parte della vita di Oriana Fallaci). Riporto alcuni passi perfettamente appropriati al ragionamento che stavo facendo prima, il mio di questi giorni. La bravura è la partecipazione. Le parole belle possono essere marce. La funzione di questo malessere è la verità, o per meglio dire, desiderio di chiarezza.

Oriana al suo editore che prima la licenzia in malo modo e poi la reintegra “Volevi la verità, avevi ragione! Perché la verità è l’unica cosa per cui valga la pena vivere. Anche quando è scomoda e ti costringe a pensare che tu non sarai mai amato. (…) La verità la dirò sempre. Anche se questo vorrà dire restare sola tutta la vita. E l’ho capito solo ora. (…) La verità, una bestia selvaggia liberata dalla sua gabbia che muove stordita i primi passi incerti al sole. (…) Tirarsela fuori è una mutilazione liberatoria. Ci si ritrova menomati, ma cauterizzati e limpidi. Il mondo ci appare di colpo diverso. (…) Le sue domande risvegliano quell’altra bestia sopita, la curiosità, gemella e madre della verità, una curiosità feroce che alimenta il desiderio di partire, di andare a vedere e sentire


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