
Siamo ciò che siamo, la vita è la nostra migliore amica. Usciamo dalla confusione dei giudizi e delle supposizioni nel bosco di specchi. Con una sensibilità bestiale, senza la capacità di essere appieno tormento, sfido il deserto. Ogni tentativo di provocarmi diventa miseria e disperazione di povertà intellettuale. Sono un facile bersaglio per le nullità, e il mondo animalesco, semmai, solo le freccette di carta. Una brutalità a cui assisto in silenzio come se non avessero altro da fare. A che sono servite le soddisfazioni e il piacere della messinscena, quella della prosa con le musiche belle, e dei “mi piace“. Sono servite ad essere qua, ad elaborare. Più forte è la cattiveria più senza scrupoli diventa l’orizzonte, è il gioco al rimbalzo. Più necessario è l’entusiasmo, più sento una contraerea contro pessimo stile e acidità, quella dei pappamolla. Forse è tutta una montatura della mia mente, la verità crudele da scansare. Rallento, accetto e scommetto sulla rivoluzione umana, sul progresso, sull’universo giudice e benefattore. Sono un drammaturgo, uno buono. La storia prima passa dalla mia pancia e dal contesto poi si proietta come un film. Il palcoscenico è la funzione delle infinite scoperte, la capacità di sintesi. Le salite sono la prova della misura della scrittura, e fonte di saggezza. La lettura di questo tempo trova il suo corso in queste parole manifeste e manifestanti combinazioni come sognare un pesce.