Scrive James Hillman nel suo libro Codice dell’anima “La vocazione accompagna la vita e la guida in maniera impercettibile e in forme meno vistose di quelle a cui si assiste nelle figure esemplari (…) la storiografia più recente analizza con attenzione le vite della gente qualunque, più che dei protagonisti della politica o dell’arte (…) il carattere conforma la vita (…) potrai anche risultare mediocre in tutte le categorie sociologiche, perfino nelle tue aspirazioni e realizzazioni personali, ma la maniera in cui si manifesta la tua mediocrità sociologica creerà un picco unico e irripetibile in qualsivoglia curva a campana”
Scrive Rupert Spira nel suo libro La presenza consapevole “Quando guardiamo il mondo, la natura, ci sembra di vedere qualcosa di reale, di dotato di sostanza. Invece, il mondo è un insieme di percezioni intermittenti che nascono e muoiono attimo per attimo. Ma allora quale è la realtà di ciò che vediamo? Che cosa mette sulla nostra esperienza il suo negabile sigillo di realtà? Quale è la realtà della nostra esperienza”
Oggi parliamo di porte, questa scena da film di Gabriele Muccino “La ricerca della felicità” mi da un forte stimolo a rappresentare questo tema, mi mette in sintonia con il mio talento, la porta della mia felicità
È successo qualche giorno fa. Ho appena guardato un video, il secondo di oggi. Stesso autore, stessa energia, stessa bellezza, stessa poesia, stessi particolari infiniti, stesse suggestioni.
Quanto è grande l’universo e quanto sono grandi i nostri sogni, senza un limite, senza un fine, senza barriere, senza macchinazioni, solo emozioni. Senza inutili costruzioni, la bellezza sta nel sole che ogni giorno sorge e ci illumina.
Dedichiamoci a noi, questo è importante, nel gesto di essere mondo. Siamo arte per offrire arte, siamo arte per un’arte che ci appartiene. Senza cogliere gli istanti non ci sono istanti. Ogni inquadratura che porto a casa è un elemento utile ad una storia, un elemento di un puzzle, di ciò che ci piace, di ciò che fa una grande immagine, di una piccola o grande storia.
Un’intervista a Chris Gardner la persona sulla quale si basa la storia vera del film con Will Smith che ho appena menzionato. Non capisco molto bene l’inglese, quanto basta per capire che anche per lui la scena del bagno è importante, è importante quella porta.
Oggi svolgo questo tema. Diamo spazio e forza alle nostre passioni, perché diventino energia condivisa. Ogni inquadratura di altri è il nostro specchio.
Le nostre intuizioni sono lo spettacolo delle nostre preghiere, sono similitudini da irreali a reali, sono i nostri pensieri già consumati in un’azione, in un effetto che si manifesta e si apre al nostro presente.
La magia vive nell’adesso, la accogliamo come è bello che sia. La magia quando arriva apre nuovi saperi, apre e ci conduce al dialogo con la nostra anima, quella stessa anima che vediamo, in ogni cosa che ci rappresenta, è, la nostra perfetta identità, il nostro essere, ciò che chiamiamo sé.
Una delle musiche che ho ascoltato, in quei video di quell’oggi è questa
La verità è che quando si apre una porta, si chiudono tutte le altre, anche se rimangono aperte, perché la direzione è cambiata, c’è una direzione. Abbiamo una bussola, un segnale di apertura. Perché aprire è una scelta, lo è, lo rappresenta, e prima ancora della scelta arriva un movimento in cui l’anima è protagonista dell’essere. L’anima che ci spinge ad andare a destra, a sinistra, avanti, dove ci pare. E quindi ci spinge a decidere cosa fare. Ci spinge, per dire, esprimersi… ci induce … ci suggerisce … solletica il nostro entusiasmo.
Queste riflessioni non avvengono solo con il pensiero. Cioè non avviene una azione perché l’abbiamo pensata, strutturata. Avviene perché avviene in quanto energia. Avviene perché? Perché abbiamo posto la causa. E’ quella porta di quel bagno, è lì nel film di Muccino, è un varco temporale di aiuto, di stacco con una realtà che fa male, che brucia.
Stasera ho chiuso una porta, dispiace al mio amante sentimento, è un effetto di una causa logorante. Nuove scelte, tutto si trasforma. Colgo l’amaro con dolcezza perché sono consapevole della mia rivoluzione bellezza.
I poeti, gli artisti, i narratori ci hanno dimostrato che le porte d’ingresso di un treno sono tante. E’ anche perchè simboleggiano le opportunità, come i finestrini di un treno in corsa come lo scorrere di un film. Come le porte di una metropolitana, o di un parco… in cui siamo noi che possiamo decidere una direzione, in questo caso un’aggregazione, decidere una azione e indirizzare lo sguardo. Le porte rappresentano una casa, il proprio spazio, il proprio assieme. Le porte non si possono aprire con la retorica, l’odio, il dubbio e tanto meno con i luoghi comuni. Semmai si chiudono. Apriamo la porta per fare cambiare l’aria, per un segno di libertà. La porta che si apre come a scuola, al tempo della ricreazione.
In teatro non amo le porte, amo le quinte. Non amo vedere un personaggio entrare e uscire da una porta, amo vedere degli spazi, delle direzioni in cui un personaggio arriva da un punto, va verso un altro punto, esce da un punto, ritorna al punto. Il suo muoversi sul palcoscenico è prima ancora l’immaginario dell’agire visualizzato in forma compiuta, un’azione che segue un’altra. L’attore porge il suono di una battuta a chi è seduto in platea, chi la riceve può anticiparla perché sta empatizzando con quel movimento, quel testo, quello spettacolo, quella capacità. Sono entrambi, attore e spettatore, all’interno dello stesso spazio, non importa da quale porta sono arrivati, ci sono.
Ecco! Bravo! Questo credo sia la mia percezione di porta, di porte, di visioni, di opportunità. Prima, presente e dopo. Adesso come quell’adesso subito e reinterpretato dopo le migliaia di adesso inascoltati. Pazienza!!
Nel mio caso stamattina, quell’oggi di prima, quando mi dirigevo verso casa, dopo aver parlato di lavoro con una persona o piuttosto di reddito con una persona… La differenza sta nel fatto che dire lavoro più spesso è attinente ad un progetto in corso, reddito è per me un lavoro definito e consegnato, o un’immagine concretizzata, una bibita gassata che mantiene le bollicine.
In quell’adesso avevo l’obiettivo di mettere in movimento lo scooter, da più di un mese fermo, e nel frattempo c’era l’esigenza di andare in farmacia previo ritirare la ricetta dal medico.
Bene! Invece di andare dritto a casa e poi dal medico con lo scooter, ho deciso di recarmi a piedi dal medico per ritirare la ricetta, dopo andare a casa per fare ripartire lo scooter.
In questo gesto, in questa decisione, io ho aperto una porta del mio procedere. Ho aperto una porta d’istinto, forse involontariamente, o forse è stato un effetto. L’effetto di una azione che ne ha determinate altre. Un qualcosa di impalpabile di cui assaporo forza e bellezza ancora adesso, assaporo il ricordo, la gentilezza. So che mi ha dato coraggio, necessario.
Sto qui a parlare di questo, grazie a questo.
Sto qui a scrivere grazie a questo susseguirsi di concause.
Lo trovo fantastico, tutto ciò. Lo trovo meraviglioso. Una meraviglia, una apoteosi, una esaltazione. Lo trovo un incedere di belle idee o brutte idee, è un susseguirsi di immagini relative per ognuno.
Adesso, non so perché mi viene il termine indulgente, cosa vuol dire essere indulgenti? Con sé stessi? Voglio andare ad approfondire la parola indulgente. È una persona disposta a perdonare, sensibile. Perdonarmi. La bellezza di aprire la porta al proprio sé, del proprio essere più nascosto, del proprio scantinato delle emozioni.
Ognuno di noi nel nostro essere ha la porta del suo scantinato, il ripostiglio delle emozioni, del karma. La porta di ciò che si è consumato porta a ciò che si consumerà, in cui si trovano le emozioni, si trovano le azioni. Si trova la soluzione di ogni cosa. Questo è splendido.
Questa è la gioia, la porta dell’amicizia tra due sguardi. La porta in cui incontri ciò che desideri e manco tu sai dove stai andando. È come aprire una porta a caso, come aprire la porta dell’ascensore. È un esercizio che faccio riguardo l’ascensore, che ho mutuato dalla settimana Hoffman, in cui scendo o salgo e poi si apre la porta dell’ascensore e quel luogo mi vuole dire o rappresenta qualcosa e ho bisogno di analizzarlo perché lì dentro c’è un messaggio. Straordinario.
Che potenza, una grandissima potenza, una meravigliosa potenza.
Appartengo a questo mondo, in questa modalità, con questa età, con questa passione, con questa vocazione, con questa direzione, con questa necessità, con questo scambio, con questo altruismo, con questa gioiosità, con questo umore, con questo scrivere, o saper scrivere, con questo raccontare, o saper raccontare, con questa dialettica. Con questo progredire. Con questo dire. Con questo coinvolgimento, con questo abbracciare me stesso e gli altri.
Un’altra musica, un’altra pausa. Un brano abbastanza minimal, ripetitivo, altrettando standard suggestivo.
Divenire è già essere ciò che si è, cambia solo la chiarezza, perché nel divenire c’è la volontà, il sogno, la missione che realizziamo. La chiarezza, strumento indispensabile per costruire un’identità.
È ovvio che parlando di porte includo la porta che mi ha chiuso Resa, è normale! no? Cioè, è funzionale. Resa chiude una porta, e dice “qui non ci devi bussare più, ok? Non mi contattare” che equivale a “non mi stonare”, oppure a “non ti voglio sentire!”. Ok l’ho capito Resa, faccio lo stesso, forse non te lo aspettavi, o forse sì! Che bella la consapevolezza che ti abbraccia con tutto il suo coraggio è gioia da condividere, è energia quella che arriva ovunque. Cambiarsi per cambiare!!
Questa chiusura di porta, mi porta, con un gioco di parole, ad aprire la mia mente, le mie porte, it takes me to a philosophical passage. Ma non lo fa contestualmente. Cioè la porta è chiusa, e non mi porta ad aprire altre porte, no! Metto in campo riflessione e pazienza.
Avviene una apertura, prima immaginaria poi reale, perché c’è il movimento dell’anima che essendo in moto con il suo primario essere cerca delle risposte. Quindi voglio paragonare la porta a dei cassetti, ad un data base. Ad una libreria piena di storie.
Mentre faccio questa considerazione, penso al lavoro video che ho visto in quell’ieri sulle parole, non è quello con cui inizio questo racconto, quello di quell’oggi, tutt’altra cosa. Ho avuto da discutere, mi è stato chiesto di guardarlo, di dare un commento. Mi sono un po’ incartato perché ho sentito determinate emozioni melense, cucite a forza, autoriferite. Ho visto assenza di disponibilità verso un pubblico, il piace perché mi piace. Purtroppo il video parlava e la sua voce arrivava confusa, era confusa forse perché stava dietro ad una porta. Ho comunicato questo mio sentire, prima durante e dopo. Non so se l’autore le ha digerire bene le mie deduzioni. Quanto è difficile dire la verità quando chi ti sta difronte si è costruito un film su di te e non gli coincidono le battute. Quando c’è l’indisponibilità come si fa? L’ho scoperto in parte, ogni volta una nuova volta.
Emozioni su emozioni, gioia e gioia, dolore e dolore.
Selezione automatica delle cose, degli stati d’animo, flusso, work in progress, pulizia. Anche. Parlare di porte apre un mondo variegato, ci sono anche pensieri di superstizione, di tradizione, di eleganza, di sfarzo, di rappresentanza. Per esempio i pomelli di una porta, la tipologia di una porta. Magnifico. Magnifico. Il susseguirsi delle cose, di porta in porta. Di porta in porta come i venditori.
Di porta in porta vendono qualcosa, di porta in porta si consuma una dare e ricevere. Il venditore che va porta a porta, cosa propone di porta in porta. Bussare, farsi aprire, parlare.
C’è una serie televisiva su Netflix che ho guardato, seguito, si intitola Self-made: la vita di Madam C.J. Walker. Racconta di una donna Addie Monroe che bussa alla porta di Sarah Breedlove perché quest’ultima aveva problemi alla cute dei capelli, lei di fatto non lo sapeva, lo ha percepito senza una chiara intuizione, ha agito, ed ha centrato! Nel film è molto bella questa scena e ben descritta. Questo incedere della venditrice verso la cliente e in mezzo una porta a vetri, il suo ingresso in casa. Questa determinazione e questo atto di coraggio che vediamo in un venditore alla conquista di un cliente e con le più autorevoli verità. Addie, la donna che bussa alla porta è mulatta, mentre la donna che apre, Sarah, è di colore. La porta si apre e avviene la vendita del prodotto. A seguire, per due anni, un trattamento settimanale in cambio di biancheria lavata. La soluzione funziona e Sarah si propone come venditrice, Addie rifiuta. Sarah fa un tentativo all’insaputa di Addie al mercato e vende tutte e 20 confezioni, immagina una collaborazione. Addie non vuole assolutamente entrare in un rapporto più o meno subordinato con una donna di colore, lavandaia, anche se lei stessa appartiene a questa discriminazione sociale essendo mulatta. Sarah non si perde d’animo e incomincia a fare prove a casa nel tentativo di ricreare lo stesso unguento. Ci riesce anzi lo migliora rendendolo più inodore. Nel racconto televisivo alcune cose sono state cambiate, sta di fatto che Sarah Breedlove, nota come Madame C.J. Walker è stata un’imprenditrice, filantropa e attivista statunitense. È considerata la prima donna americana che senza aiuti è diventata milionaria. Tutto questo è passato attraverso una porta.
Questo bussare, questo gesto, questa scelta, questa linea ha portato questa donna a diventare molto ricca e a lasciare una eredità incredibile del suo fare. Oggi un nuovo film. Una ricchezza non solo patrimoniale, ma un esempio di forza d’animo e di volontà, di passione e di determinazione.
Questa donna ha tentato di convincere il suo mentore a lavorare per lei, ma quella donna ha rifiutato e quindi Sarah è andata per i fatti suoi, per la sua strada. Verso altre porte.
Di porta in porta, di pensiero, in pensiero. Da un’idea ad un’altra idea.
Altro riferimento alle porte che sono quelle dei balconi, le finestre. In quella pubblicità del 1990 del profumo Egoiste di Chanel in cui le donne aprivano a tempo di musica le ante per urlare, parlare… lanciare lo slogan.
Sbattere una porta, lasciare un segno della propria arrabbiatura, serve? Invochiamo la porta dei desideri la porta delle nostre abitudini sbattendo la porta, risponderanno?
Ti ho vista e guardata fugacemente mentre eri in balcone, il tuo balcone. Ho visto solo che indossavi una maglia rossa, mi è sembrato, rosso un bel colore. Forse sistemavi le piante o qualcos’altro. Una donna scrive una frase di Rumi su una pagina social “Non cercare perle in un cubo d’acqua. Dovrai immergerti nelle profondità dell’oceano per trovarle”.
Apriamo le porte per confidarci per andare verso nuovi spazi, alla scoperta. Sappiamo che abbiamo lottato tanto e tanto lotteremo. C’è una cosa che un giorno ti confiderò e se la dimentico basta il pensiero di averlo fatto.
Penso allo sportello, la porta della macchina. Aprirla per accogliere la tua donna è un gesto elegante, sacro