Silenzio

Silenzio, ti prego mi si stanno accavallando i pensieri. Voglio un po’ di concentrazione. Ti prego, questa è l’attenzione che desidero da te. Lo disse Rosetta a Leonardo, in un momento. Nell’altro ci ripensò, Leonardo era già in silenzio. Sono due giorni che litigano su come sbucciare le patate. Leonardo lo considera un rito, un’evocazione, Rosetta non percepisce la stessa cosa, gli sembra una esagerazione. Oggi c’è in programma il purè. Potrebbe essere una bella idea, ma loro litigano, e litigano che a vederli dall’esterno non sembrerebbe per le patate. Cala il silenzio come un gioco di luci in cui gli attori recitano al buio, si sente l’intensità della scena. Un filtro di luce ci deve essere perché il buio si fa con la luce.

Per capire questa storia occorre andare a due anni prima quanto Rosetta incontra Leonardo. Un tempo in cui per Rosetta le patate erano all’ordine del giorno mentre a casa sua con i pensieri suoi Leonardo preferiva cicoria e spinaci. In uno squarcio di tempo simbolico come nell’enciclopedia universale Zanichelli, quella illustrata, si legge che le differenze sono una prerogativa importante per andare di comune accordo, perché se è vero che ci può essere contesa è anche vero che ci può essere sollecitazione istruttiva, nota come esplorazione educativa tra oriente e occidente in un paradosso cognitivo che ti si scatena mentre bevi un aperitivo.

Nel momento in cui snoccioli l’oliva in bocca, mentre gusti il suo sapore, un silenzio di goduria ti porta un’attenzione all’esterno che ti viene voglia di prenderne una altra, oliva. Ecco su queste basi filantropiche da silenzio, fermo immagine, attenzione ad ogni particolare, subentra il loro sguardo e gli Dei felici urlano la loro gioia e il portiere dell’anima scatta di meravigliosa meraviglia.

Che silenzio! Può voler dire felicità.

 

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