Il teatro offre disgusto quando è inutile e pretenzioso. Ci lascia con l’amaro, nel senso di stordimento. Vorrebbe farci urlare più di quanto avete fatto voi in scena. Mette in moto la terribile macchinazione del giudizio. Inasprisce le lobby le rende schiavitù. Ci dispiace scrivere oggi questo anche quando ci accorgiamo che l’autore e gli attori e maestranze hanno posto tutte le proprie capacità al meglio e si sono impegnati per realizzare un’opera a loro modo entusiasmante. Il TEATRO per essere fonte di gioia e benessere occorre che al suo interno abbia verità disciplina educazione rispetto studio ricerca abnegazione. La sfida solo quando ci troviamo in presenza di autentici equilibristi, che significa offerta non manifestazione.Tutti i significati roboanti, la reotica dell’effetto, offerti al pubblico ovvero alla fruizione distolgono l’attenzione, la fanno emigrare. Nel giro di una settimana è la seconda volta che mi capita. Uscire da un teatro consolidato con un senso di vuoto a tratti è fastidioso, inasprisce. Lo spettacolo nutre lo spettatore, nutre l’umanità, chi ci lavora, le famiglie e la società. Un’accozzaglia di volumi, di nessi, di movimenti serve a nulla, lascia perplessi e crea danno al settore in quanto sballottola la fruizione e lascia un segno di sconfitta. Per evidenziare il mio pensiero lo rappresento con un estratto di “Smoke” coreografia di Mats Ek nata nel 1996 dalla collaborazione tra il coreografo e una emittente televisiva svedese. Essa racconta della relazione tra un uomo e una donna e del difficile intersecarsi delle loro rispettive personalità. Vediamo infatti i danzatori impegnati nei rispettivi assoli e in due pas de deux, l’uno violento, l’altro più tenero. A rappresentare la comunicazione tra loro è il fumo (smoke, appunto, in inglese) Il progetto fu elaborato dietro richiesta di Sylvie Guillem che nel video danza a fianco del fratello del coreografo, Niklas Ek.
Prego attori registi produttori di rappresentare i propri esercizi di sperimentazione gratis e tra amici. Vi prego tutti di agire responsabilmente per tutelare il lavoro di tutti, di rispettare la più antica forma di apprendimento approfondimento culturale che la vita ci offre: lo spettacolo. Visto che in altri paesi esiste, mi piacerebbe proporre anche per l’Italia l’abilitazione a produrre spettacoli a pagamento, un attestato per fare arte come fonte di lucro e non di esistenza. Questa distinzione autentica super partes professionale può essere la salvaguardia di quei professionisti e valenti poeti di cui il nostro paese è ricco. Grazie