Nuovo Rinascimento

Nel libro di Giovanni Allevi del 2011 in quarta di copertina si legge: “il nuovo rinascimento ha un motto: mettersi in gioco fino alla fine

Sto facendo questo. Penso che io stia facendo proprio questo con amore, fede e tenacia. Armato di Speranza, quella di questo Giubileo.

Aggiungo citazione allo stato d’essere la canzone di Gaber C’è solo la strada. Se questa poesia che la contiene ti è sfuggita di copio il testo. Anche il link così puoi ascoltarla

Alla fine di questa versione live la suggestione è meravigliosa.

Questa è la cornice: io adolescente assorbo questo spettacolo che porta a Catania mio padre nel suo Teatro e rimango incantato, continuo ad esserlo, una processione di parole che continua nel tempo.

Ieri sera dopo aver visto un film romantico ho dichiarato una invocazione categorica come il testo di questa canzone che pur essendo una trottola colorata è diretto arguto ed essenziale come la mia pressione, come la mia euforia creativa, e come la mia idea di allestimento minuzioso per ogni mio lavoro.

A me gli occhi, intreccio di sguardi. In ogni incipit di ogni ritornello di questa canzone c’è un accordo di chitarra che abbraccia qualsiasi ansia che ha voglia di ricominciare poggiando una mano in terra.

C’è solo la strada vuol dire, c’è solo il duro lavoro, la rinascita, la prova di forza ovvero l’entusiasmo messo a dura prova davanti ad ostacoli enormi o meno enormi.

Scrivo questa mail a te Anna nel frattempo la copio su una lavagna pubblica che è il mio blog, questo. “E poi ancora una porta, ancora una casa. Ma siamo convinti che sia un’altra cosa. Perché abbiamo esperienze diverse. Non può finir male. Perché abbiamo una chiave moderna. Abbiamo una Yale. Perché è tutto un rapporto diverso. Che è molto più avanti. Ma c’è sempre una casa, con altre aspirine e calmanti. E di nuovo mi trovo a marcire. In un’altra famiglia, la nostra, la mia. Abbracciarla guardando la porta. E la mia poesia.

La stessa poesia che recentemente metto in scena con i vari personaggi interpretati da Alice. in uno spettacolo ancora in divenire, da completare. Cerco questi dettagli, energie produttive. Urlo questo. A chi mi sente.

Scrivere è la strada, la necessità di esporsi contro qualsiasi demone. Lotta, dolore, bombe sono gli strumenti di uno spettacolo chiamato vita in cui esiste la felicità di raccontarla e descriverla. Lo spettacolo è proteina.

Ecco il testo della canzone di Alessandro Luporini / Giorgio Gaberscik

Maria, ti amo. Maria, ho bisogno di te. Poi la stringo e la bacio, infagottato d’amore e di vestiti. E anche lei si muove, felice della sua apparenza e del nostro amore. E la cosa continua bellissima per giorni e giorni. Una nave, con una rotta precisa che ci porta dritti verso una casa, una casa con noi due soli. Una gran tenerezza e una porta che si chiude.

Nelle case non c’è niente di buono. Appena una porta si chiude dietro a un uomo. Succede qualcosa di strano, non c’è niente da fare. È fatale, quell’uomo comincia ad ammuffire. Basta una chiave che chiuda la porta d’ingresso. Che non sei già più come prima. E ti senti depresso. La chiave tremenda, appena si gira la chiave. Siamo dentro a una stanza: Si mangia, si dorme, si beve.

discoteca

Ne ho conosciute tante di famiglie, la famiglia è più economica e protegge di più. Ci si organizza bene, una minestra per tutti, tranquillanti, aspirine per tutti, gli assorbenti, il cotone, i confetti Falqui. Soltanto quattrocento lire per purgare tutta la famiglia. Un affare. Si caga, in famiglia. Si caga bene, lo si fa tutti insieme. Di esporsi nella strada, nella piazza

Nelle case non c’è niente di buono. Appena una porta si chiude dietro a un uomo. Quell’uomo è pesante e passa di moda sul posto. Incomincia a marcire, a puzzare molto presto. Nelle case non c’è niente di buono. C’è tutto che puzza di chiuso e di cesso: Si fa il bagno, ci si lava i denti. Ma puzziamo lo stesso. Amore ti lascio, ti lascio. C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia e il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada e nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. Le case dove noi ci nascondiamo. Bisogna ritornare nella strada. Nella strada per conoscere chi siamo. C’è solo la strada su cui puoi contare. C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza . C’è solo la voglia e il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada, nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. E gli angeli non danno appuntamenti E anche nelle case più spaziose. Non c’è spazio per verifiche e confronti.

Kate by Bruce Weber (1996)

Laura, ti amo. Laura, ho bisogno di te. Con te io ritrovo la strada, le piazze, i giovani, gli studenti. Li avevo lasciati qualche anno fa con la cravatta. Sono molto cambiati, sono molto più belli. Le idee, sì, le idee sono cambiate, e i loro discorsi e il modo di vestire. Gli esseri meno. Gli esseri non sono molto cambiati. Vanno ancora nelle aule di scuola a brucare un po’ di medicina, fettine di chimica, pezzetti di urbanistica con inserti di ecologia, a ore pressappoco regolari. Ed esiste ancora il bar, tra un intervallo e l’altro. E poi l’amore, per fabbricarsi una felicità. Come noi ora. Una coppia, e ancora tante coppie. Unica diversità, un viaggio in India su una Due cavalli. Due, come noi. E poi ancora una porta, ancora una casa. Ma siamo convinti che sia un’altra cosa. Perché abbiamo esperienze diverse. Non può finir male. Perché abbiamo una chiave moderna. Abbiamo una Yale. Perché è tutto un rapporto diverso. Che è molto più avanti. Ma c’è sempre una casa, con altre aspirine e calmanti. E di nuovo mi trovo a marcire. In un’altra famiglia, la nostra, la mia. Abbracciarla guardando la porta. E la mia poesia. Amore, ti lascio, vado via.

C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia, il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada, nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. In casa non si sentono le trombe. In casa ti allontani dalla vita. Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.

Lidia, ti amo. Lidia, ho bisogno di te… ma, per favore, in un hotel meublé.
Perché il giudizio universale. Non passa per le case. Le case dove noi ci nascondiamo. Bisogna ritornare nella strada. Nella strada per conoscere chi siamo. C’è solo la strada su cui puoi contare. La strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia, il bisogno di uscire. Di esporsi nella strada, nella piazza. Perché il giudizio universale. Non passa per le case. In casa non si sentono le trombe. In casa ti allontani dalla vita. Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.

Perché il giudizio universale. Non passa per le case. In casa non si sentono le trombe. In casa ti allontani dalla vita. Dalla lotta, dal dolore, dalle bombe. 

Mi alzo da un po’ di giorni come se fossi drogato e reagisco, reagisco, reagisco. Ascoltavo questa canzone qualche giorno fa collegandola ad un periodo di grandissima trasformazione. Da lì nacque la mia prima figlia.

In coda a questa mail descrittiva e illuminata come un red carpet di un caos visionario ti chiedo se oggi pomeriggio/sera possiamo incontrare assieme Agostino il costumista che arriva da Roma e riparte domani mattina

Poi in mattinata appena vuoi chiama.


Moira Orfei e le sue sigarette


Con mia figlia abbiamo l’abitudine di andare ad omaggiare Sant’Agata alla sua prima uscita ogni anno che coincide con la messa dell’aurora in occasione della sua Festa a febbraio. Ogni volta c’è un clima di fratellanza e di attesa in una piazza Duomo che si riempie pian piano di devoti, turisti e cittadini fin dall’una di notte. Siamo arrivati alle 02:30. Quest’anno nel momento clou ho girato un video che comprende il suono dei fuochi d’artificio che ho usato come sottofondo a varie immagini realizzate durante le 5 ore, il corso della mattinata. A tutte, selezionate o no, manca il trucco di una giovane donna che è stata accanto a me fumando gran parte del tempo e che mi ha ricordato Moira Orfei a grandi linee. Di lei tra le immagini si nota solo la mano sinistra. Sono curioso di sapere se il mio amico fotografo @emanuele_carpenzano, presente al contesto suddetto, che inquadro di spalle, ha notato anche lui la stessa somiglianza e l’ha fotografata. Jung sottolinea l’intima connessione tra l’individuo e l’ambiente, che in alcuni casi cela un’attrazione così forte da realizzare quelle che noi chiamiamo coincidenze, ossia esperienze con un valore proprio e fortemente simbolico. Quel trucco non è soltanto il segno della matita nera che sporge dalla linea dell’occhio verso l’orecchio, non è soltanto il richiamo di una poesia visiva, non è soltanto mistero e attrazione, è molto di più. Il mio sguardo, la mia immaginazione, il mio trattenere la curiosità della conoscenza, la mia creatività e ogni mio incontro in questo caso lo dedico a Sant’Agata come espressione di un interscambio di fede per cui esprimo, con questo manufatto, mia gratitudine.