Gianluca Vialli

“Non è colui che critica a contare, né colui che indica quando gli altri inciampano o che commenta come una certa azione si sarebbe dovuta compiere meglio. L’onore spetta all’uomo nell’arena. L’uomo il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore e dal sangue. L’uomo che lotta con coraggio, che sbaglia ripetutamente, sapendo che non c’è impresa degna di questo nome che sia priva di errori e mancanze. L’uomo che dedica tutto se stesso al raggiungimento di un obiettivo, che sa entusiasmarsi e impegnarsi fino in fondo e che si spende per una causa giusta. L’uomo che, quando le cose vanno bene, conosce finalmente il trionfo delle grandi conquiste e che, quando le cose vanno male, cade sapendo di aver osato. Quest’uomo non avrà mai un posto accanto a quelle anime mediocri che non conoscono né la vittoria, né la sconfitta”.

 

Il discorso di Gianluca Vialli agli azzurri prima della finale contro l’Inghilterra

 

Il braccio destro di Mancini si è rivelato vero collante, mentore e animatore del gruppo. Nel documentario è stato catturato dalle telecamere mentre si girava al momento dei rigori decisivi di Jorginho e Saka, ed è comparso in primo piano mentre leggeva un discorso motivazionale ai suoi durante la cena prima della finale. Tale discorso, che l’ex Samp e Juve si è appuntato sul suo quadernetto tricolore, fu pronunciato dal Presidente americano Teddy Roosevelt nel 1910, in occasione di un rendez-vous all’Università Sorbonne di Parigi.

 

 

Luca

Luca: romantico, determinato, ripetitivo, curioso, elegante, teatrale

 

 

 

  • Contare i passi come in un gioco di bambini e nel frattempo giocare a nascondino. oggi ti ritrovi a leggere sul divano e pensare a come crescere, a chi sono e dove vado, o meglio dove voglio andare. Il mio essere romantico è imbattibile. Preferisco il bagno a mare al tramonto perché è una sensazione unica ed abbracciante. Quanti sono, chi sono, mi diverto a fare queste considerazioni. Giro su me stesso come una danza libera e su questo pensiero della libertà ci ragiono come riempire una caraffa d’acqua goccia a goccia. Questo la musica lo sa e giochiamo assieme. Vorrei saper suonare bene questa musica, con la chitarra, con un po’ di allenamento e determinazione ci posso riuscire perché quando mi metto in testa qualcosa ci riesco. Mi frega la ripetizione che anche se sopporto mi annoia. Domani colazione presto e annaffio le mie piante e se non ce l’ho è come se le avessi perché tra un sogno e la realtà c’è solo un’intenzione.

 

 

  • Medito aprendo un libro, lo faccio sempre anche se è una scusa perché a volte spesso, manco leggo, faccio finta mentre ignaro vagabondano i miei pensieri. Ripetere in maniera anche ossessiva senza neanche a volte capire. Se prima era l’acqua, oggi è raccogliere dei limoni, o che so io. Faccio piano senza fretta, e se ci dovesse essere la fretta mi adeguo. Battito in levare, pronti si va, proietto tutto quello che posso. Guardo e guardo e la precisa cosa capita che mi sfugge. Per cogliere quell’essenza paradossalmente mi viene meglio se sono distratto. Ammiro l’eleganza, mi coccolo, e mi guardo allo specchio mentre mi faccio domande, le stesse. Nel ripetere trovo una garanzia. Routine d’abitudine che elabora, come bollire una pentola d’acqua evocante il turbinio dei paesaggi che mi costruisco. Leggo le fiabe con tutta la dolcezza che posso.

 

 

  • Attesa meditazione, un po’ come quando si fa una sigaretta. Lo stupore è quello che cerco, il cambio di programma mi diverte. Come una processione in cui alcuni ballano in una maniera e altri in un’altra. Vorrei prendere qualche volta un autobus, è un piacere che mi voglio passare per fissare tutte le persone che incontro. Entrare nelle loro vite. Portare a casa le loro poesie, i loro camini accessi, i loro sguardi. Mentre bevo un caffè.

 

 

  • Vacanza o dentro una natura per scelta. Teatro, evocazione e dolcezza che conosco solo io. Al centro di una discussione. Parlano di me, parlano a me bambino mentre gioco a palla tutto sudato su uno spiazzo di terra battuta. E correre per essere, magia dello spettacolo e le illusioni che provochiamo in un pubblico e le sue mille domande in un silenzio irreale ascolto.

 

4 selezioni rispetto alle tradizionali dispari da 3 a 7

Mi chiedi di aggiungere “Quello che vuoi tu :)”.

Cerco un brano che sia per te un apri pista, che distragga la tua routine. E che allo stesso tempo conservi quella eleganza autentica o clonata che a te piace.

Sono indeciso tra Gershwin e Miles Davis nei loro brani più vivaci, scelgo Strike up the band strike up the band di George e Ira Gershwin di cui la prima versione risale al 1927, si sente l’energia del musical. il suono del clarino e di tutti i fiati, rullante e grancassa compresi i campanelli che confermano la bellezza e leggerezza di questo suono americano

 

 

  • Una giornata tipo, il suono della sveglia, gli uccellini che cinguettano come sul balcone di Cenerentola. Controllo l’agenda e sistemo le mie cose. Inizio la giornata in tutte le direzioni con tutto ciò che sono i conseguenti adesso. Retorica e ripetizione si mescolano con ciò che produce il mio pensare. Stasi e movimento. Dolcezza il sogno del romantico. Solo ad immaginarlo un prato e un’altalena. Il gusto per ogni cosa con tutto ciò che ci vogliamo mettere. Attorno tanti altri lavori. Il mondo interagisce. Ci si relaziona si collabora e si balla come vedersi in musical a teatro. Stasi e movimento questo è lo standard finché non arriva un dubbio e quando arriva si riparte come dentro ad un film di Mary Poppins.

Angela

Angela: voglia di fare domande. Difficile seguirti. Leggera o contenuta solitudine. Voglia di correre, voglia di mare e di libertà, sognatrice, determinata. Idee, potenzialità. Un po’ tormentata, pensierosa, egoista quanto basta. Aiuto per un dialogo necessario, fruttifero. Stop alla lamentela. Come disse il saggio “tutto quello di cui ho bisogno è dentro di me”. Potenziare la poesia, renderla commerciale, autonoma.

 

 

 

  • Una voglia dietro l’altra senza averne voglia. Tutto è rallentato, esasperatamente. Flashback e feedback. Monotonia. Flusso di una circumetnea che gira su sé stessa e vede sempre lo stesso paesaggio, il mediterraneo dentro una bottiglia. Descrive la suggestione in poesia senza averne il risultato sperato. Nenie e voci del mio sentire, spesso creano solo confusione. Anche se questa condizione ha la sua condizione di vivibilità. Paese arroccato quanto lo sei tu. Evoca il passato e “mi turmenta”. C’è dell’altro che primo o poi ti dico. Grazie

 

 

 

 

  • Come quando dallo spioncino della porta guardo l’esercitazione di altri. Si! Sono curiosa, fantasmaticamente! Mi incuriosisco e decido di entrare e partecipare. Il rubinetto dei miei pensieri è aperto e scorrono pensieri. Tanti e abbondanti, molti abbandonati. C’è la gioia che è radicata nel mio sapere. Non basta. Anche se sono io, se sono dove sono, al lavoro o a casa, mi penso a correre in spiaggia fianco al mare. Rimane il se.

 

 

 

 

  • Leggo un nuovo libro, lo sfoglio e mi faccio mille domande. A che serve la cultura, a che serve leggere, a che serve il cinema? La monotonia di un’idea e il mio romantico essere che si sveglia ogni istante per svegliarmi. Ci abbracciamo. Lo specchio del bagno che osserva la mia poetica canzone, questa, che è decisa, che è a tratti trionfante per ogni susseguirsi di idee. Gioco e mi diverto da sola. “Benedetto” questo incontro e questa nuova esplorazione che mi ricorda chi sono. Che voglio e posso agire con la stessa grinta da scompigliata padrone di casa. La mia missione qui, adesso. Ballare all’alba pensando sia notte, senza accorgersi che sta sorgendo il sole. Tutto il romantico che trovo vuole uscire e manifestarsi. Manifesto il mio dissenso verso qualche mio pensiero, accetto il dissenso, con la chiarezza di essere una vincitrice. Importante. Poesia letta, detta, scritta. Poesie manifestate

 

 

 

  • Sveglia senza sapere se è vacanza o se devo andare a lavorare. Tolgo il devo apro la mia disponibilità e le mie paure. “Aiutami a capire” se il se è il se perché voglio e posso che sia così. Il coraggio manifestato in questo adesso capire. Una energia ribaltante. Doccia senza tempo, scorrere energia rinfrescante. Voglio essere generosa con me stessa e farmi cullare da tutto il mio amore. Amore chiama amore, solo se trasformo le complicazioni di ciò che chiamo procedure. Ballo come se nessuno mi guarda. Uscire dal loop.

 

 

 

 

  • Tutto quelli che sono i miei pensieri portano il mio sentirmi cinica e infastidita per esserlo. Retorica e retorica che diventa amore. Vuoto perché in parte è clonato. Cerco la verità che nel suo essere nel sogno è potenza del volere, del possedere. Invece mi sembra che sia un carillon impazzito che ripete sempre le stesse cose, gli stessi giri. La delusione serve per crescere, per trovare il bello in ogni pensiero come la bellezza del sole che sorge ogni giorno. L’amore disegnato che non lascia la vita esprimersi come potrebbe. Stop alla lamentela, spazio alla riconquista o al nuovo. le passeggiate d’amore sono belle anzi bellissime se c’è l’amore.

 

 

  • Difficile seguirti. Di cosa parliamo? Che cosa diciamo se ognuno pensa per sé? Una telefonata come si faceva un tempo, in terra sul corridoio e dire, parlare, lamentarsi. Perché ci si complica la vita quando c’è un potenziale, una grande risorsa, che è l’amore o l’idea da conquistare è rendere realtà. Sogni e sogni di qualcosa che è meglio del meglio di un meglio che abbiamo disegnato. In questo ascolto c’è quella disperazione che ti porta a interpretarla con un ballo in un palcoscenico di periferia mentre il regista filma la scena di questa nuova commedia.

 

 

 

  • Sembra uno spot di una festa. Meno male che poi mi passa. Una birra e via, si cambia orizzonte e dimentico le vecchie domande. Indosso la tuta e mi metto a correre, telefonare, ballare e fotografare. Solo quando lo dico io, solo quando mi va. Imbottisco un panino e vado a fare un’escursione. Come se fosse un giro di giostra. Il cinismo come il peperoncino aiuta il menestrello.

 

Le Paparelle

Mi sono sentita ridicola, forse un po’ patetica nel mondo degli affari e delle furbizie.

La poesia è venuta a dirmi che andava bene così.

Chandra Livia Candiani

 

 

“La musica si basa sul ritmo. La musica percettiva è la storia di chi ne viene a contatto. Racconta le azioni e le fa compiere. Indica una direzione. È la connessione fra chi produce musica e chi l’ascolta. La musica stimola una sensazione che viaggia veloce o che ci frena”. Salvatore Greco. Parlo con la musica, ed. Susil Edizioni

 

Info, presentazioni e laboratori estate 2021

parloconlamusica@gmail.com

 

 

Per acquistare il libro

https://www.ibs.it/parlo-con-musica-imparare-ad-libro-salvatore-greco/e/9788855402743

 

Bruno

 

Stendo i panni lavati da chi mi ama, il sole è forte, talmente forte che non vedo l’ora di rientrare perché sono tutto sudato. La mia cucina è calda e accogliente, la colazione è profumata. Se telefono è perché voglio organizzare, d’altra parte preferisco essere solo in quello scoglio. Ho soltanto una giacca e una cravatta che mi piace. Il mio diario è pieno di appunti. Sono stitico, ormai è una abitudine. Nel bacio riconosco chi sono. Vedo libri usati. Il viaggio in autostop mi ha sempre appassionato, adesso preferisco diversamente. Salto dallo scoglio, il mare oggi è fantastico. L’acqua di quest’estate è la giusta causa per essere.

 

Francesca

Francesca: evolutiva, resistente, spaesata, seria, viaggia con la fantasia tradendo quando capita i molti autentici interessi, la fretta e la distrazione a volte ti consuma. Ti piace essere coccolata

 

 

 

 

  • Una finestra o un sipario qualcosa di apre con grande entusiasmo, l’insospettabile, la gioia. Una doccia in un campo arido, un giro di caramelle a gioiose gioie. La preparazione prima di una gara, la sfida pensata. Le luci dell’alba, i sogni sognati. Una preghiera che arriva da altri e rimbalza su ogni cosa, urla “è un nuovo giorno”. Mi alleno e mi alleno fino a essere il mio allenamento. Il susseguirsi, è l’evoluzione di un pensiero che cresce con tutto ciò che sono. Essere più giovane di quanto potessi mai pensare. In campo a giocare. Superare l’ostacolo e ripartire. Divento un’ammaliatrice di serpenti in uno spettacolo più per me che per altri. Incontenibile resistenza all’abbondanza.

 

 

 

 

  • Che paura quando ci penso, quando rientro in un mondo magico che esiste e che io credo che non esista. C’è quella emozione ogni volta che mi fa dire tanto e vorrei dire meno. Essere al centro ed essere me stessa senza filtri solo me stessa, indissolubile sentire esagerante. La potenza è potenza quando è voluta, lavorata, studiata, cercata. Una altalena è la mia infanzia, i miei ricordi fermi su quell’ondeggiare. Stupire, sempre voglia di stupire e andare avanti e stupire. Esiste tutto dentro il mio essere femmina camaleontica come nel miglior spettacolo di danza acrobatica in acqua. Un buon bicchiere di vino

 

 

 

 

  • Travestirmi anche solo per andare a comprare il pane. Spettacolo di ogni mattina dove non so chi sono e dove mi trovo. Poi riprendo forze e il caffè è caffè del mio motore. Una catena di montaggio come se avessi lavorato da operaia. Il rock è la preghiera arrabbiata e spaesata. Ecco a volte lo sono. Spaesata. Indosso un bell’abito e nessuno se ne accorge. Il mio gatto mi conosce e sa cosa penso. Questo mi basta. Turbine di interessi. Mi fermo e mi siedo su una panchina a guardare il mondo che gira attorno a me. La primavera è la stagione che preferisco perché dopo il grande freddo rinasce ogni cosa. Sembra un cartone animato è la mia vita, mi stupisco e più mi stupisco più ballo e più urlo. Nell’urlo emerge la mia serietà, le mie scelte: tutte qui davanti a me come nella vecchia credenza.

 

 

 

 

  • Appena preso un uovo nel pollaio, è caldo e non vedo l’ora di mangiarlo. Quasi quasi ne prendo un altro e un altro ancora. Il mio aspetto da ingorda è incontrollabile quando scappa dal mio controllo. Nessuno mi può fermare, il mio decidere è irrefrenabile. Pausa e si riparte, pausa e si riparte, pausa e si riparte, ogni volta è così. Sembra che viaggio invece sono ferma qui ad aspettare. Viaggiare l’ho fatto, ma viaggiare con la fantasia lo preferisco

 

 

 

  • Che ora sono? Non sopporto la televisione se sono di cattivo umore. Alla ricerca delle mie amiche. E di chi mi consola, che vuol dire poi essere consolati. È fare finta di niente e se dovesse succedere soffrire a denti destri. Meno male che ci sono le mie amiche, il bar, i luoghi dove posso distrarmi. Sono solo distrazioni. Voglio riprendere ad allenarmi e trovare in me i miei amici poi allargo lo sguardo mentre accendo la radio ed entro sotto la doccia ballando. Per dirla alla Giorgio Gaber: shampoo!

 

 

 

  • Una poesia su un foglio unto e stropicciato, tu la leggi a me ed io ascolto senza capire bene. Ti chiedo di rileggere. La fretta a volte mi consuma ed io poi consumo lei. Una ricarica continua che sa di dolcezza e bacio della buonanotte

 

 

 

  • I vicoli dove mi perdo, mi piace nascondermi. Mi piace essere di Spagna, di Andalusia, o di uno sperduto Messico di altri tempi e di altre culture. Ho sempre amato carnevale e allo stesso tempo un bagno caldo vestita in un infinito viaggiare con la fantasia a cavallo della luna. Non esistono città ideali per me, esiste il paese, la voglia di conoscere tutti e rapportarmi con il modo mondo senza confini senza privazioni. Da una fontana esce gassosa e ridiamo e beviamo. Il suono di un vecchio carillon che ho sempre detestato che si è trasformato in un cantastorie ed ho iniziato ad apprezzarlo. Stasera è il momento giusto per una rilassante partita al gioco delle carte, tante figure tante possibilità. Trovo sempre la combinazione giusta mentre sono distratta. Che mi frega mi amo quanto basta per rinnamorarmi di nuovo

 

Flavia

Flavia: ricca, romantica, contemporanea, autentica, orientale, donna comune, poeta controllante l’illuminante contrasto interiore.

 

 

  • L’esplorazione, la cantina, la bellezza sentita e assaporata quel tanto che basta. Questa musica è l’energia giusta che comunico anche se tutto attorno e intorno è pesante. Correre senza correre. Cambiare tanti vestiti. Correre e bere alla fontana della vita, sentirmi come voglio. Mi sento in mezzo al mare con la mia barca a remi senza direzione in un solo senso di fuga. Fiore del deserto. La capacità di amare e quel dubbio che non lo permette. Persevero è l’esatta congiunzione tra me e la vita. Un film guardato senza condizioni

 

 

 

  • La spazialità è il mio regno, l’esuberanza è accentuata da un tappeto elastico. Il fatto che non ci sia il tappeto elastico, rimane una esuberanza pensata. Il fatto che non riesco a salire. La potenza del desiderio e la capacità di pregare per ogni condizione. Il dolore è merce di scambio. Il sole è il sole che è me. “Tu che non mi ascolti”. Allegra rabbia. La simpatia vince in un ballo d’estate sul mare. Disc Jockey di sensazioni. Evviva la musica

 

 

 

 

  • La sensualità e bellezza di un abito di seta forse mai indossato e infinitamente desiderato. La voglia e la pazienza mentre mi trucco per i miei sogni. Anche di mattina quando tutto mi sembra tutto tremendo trovo la bellezza, quella mia, unica. Il bello che è bello nel mio ballo.

 

 

 

  • La sequenza di un tango è la stessa e allo stesso tempo mai uguale. Il meglio che è ciò del mio sentire sensibile e nutriente. La mia vera anima eccola. Nel suono le mie vibrazioni il mio sentire e il ciò che conta per me. Il sinuoso e silenzioso oriente, un mistero. C’è da preparare il pranzo e poi la cena, meno male che trovo la mia india dentro di me.

 

 

 

  • Citofono, citofono, citofono mentre faccio la doccia. Stasera in discoteca. Questa musica diventa la suoneria del mio telefono così ricordo a me stessa questa potenza incondizionata e nel suo essere irrazionale, autentica. Citofono, citofono, citofono mentre faccio la doccia. Stasera in discoteca. Non ti dimenticare il prezzemolo.

 

 

 

  • Lo spettacolo dello stupore e mi accorgo che non sono la sola. Affacciata al balcone come una anziana giovane ad accudire ogni cosa che sia pensiero. Pesanti conflitti smussati dall’essere tradizionale. Meglio fare la lista della spesa e approfittare per bere uno yogurt mentre navigo tra gli scaffali del supermercato. La noia più grande è il ripetersi del ripetersi. Noia, apparentemente desiderio. Quante donne sono come me? Il canto mi sembra che in piazza siamo tante, molte. Una di loro. Benvenuta al voluto involuto. Preferire la qualità alla quantità del non senso e della carta carbone.

 

 

 

 

  • Un caffè non si rifiuta a nessuno per tutti soprattutto, è speciale. Torna quel tango nel suo procedere come un film ad occhi chiusi. Ricordi e amarezza trasformante in un sorriso. C’è l’eleganza di chi è capace di scegliere e la adotta nel momento più giusto. La rana come simbolo di saltellante allegria e vociare festoso. Silenzio. Mi faccio ballare dal rumore del mare. La lente di ingrandimento come occasione di perfetta percezione. Grazie. Il mio nome è romantica.

 

 

 

 

 

  • Le scale del mio palazzo sono sempre le stesse. E tutte le porte le conosco, sono simili senza aver mai bussato. Ritorno a pensare al mio pensare. Approfitto di questo e dalla finestra ammiro l’azzurro dell’orizzonte.

PINOCCHIO

“Sono timido ma l’amore mi dà coraggio” (Serenata rap di Jovanotti) L’amore per la missione, l’amore per lo SPETTACOLO. Ieri sera ho visto la produzione del Teatro Stabile di Catania. Penso a ciò che si ripete nel tentativo di ufficializzare addobbare come un albero di Natale.
Ringrazio l’Assessore Barbara Mirabella che mi ha anticipato il tutto un paio di settimane fa con sapiente sapienza. Mi piacerebbe aprire un dibattito e ascoltare il pubblico. Le voglie i dolori i sapori.
Abbraccio la memoria, la poesia e le intemperanze di Franco Scaldati da cui arriva l’idea. Abbraccio la caparbietà di Livia Gionfrida che ha trascinato la sua fantasia sul palcoscenico del cortile Platamone e l’ha offerta al pubblico. La stessa location un tempo spoglia in cui io mi affacciavo da ragazzo e vedevo oltre la porta del Teatro Club solo i camion della nettezza urbana e i bambini delle elementari che giocavano nei cortili terrazze. Per questo abbraccio mio padre Nando, per la lungimiranza. Inspiegabile. Abbraccio il pubblico che è l’onesto retrogusto del piatto servito. Abbraccio la voglia di fare e il guazzabuglio interiore di ogni partecipe partecipante di diverso sentire, la costumista nell’essere la stessa drammaturga nell’essere un tutt’uno. Quel tutt’uno che ha bisogno di esserlo perché troppa roba porta in grembo. Abbraccio gli attori nel loro donarsi al pasto dell’affabulazione cosa assai difficile. Perché anche agli occhi di un bambino ognuno sul palco mostra le sue paure e non c’è peggiore rischio per un’interprete mostrare il dubbio. Abbraccio le musiche e le luci sapienti strumenti d’attenzione e bellezza. Abbraccio con l’infinito amore di chi ama la scena, il gesto illuminante del Pescecane. In tutto questo amorevole magnificare mi pongo la stessa domanda di sempre: il sano utilizzo della messinscena. Non si può definire questo perché è retorica retoricante. È una analisi vertiginosa in quanto ognuno porta a casa lo specchio di sé, li in quel momento, con tutte le occasioni mancate di incoraggio ancoraggio spettacolare. Stamattina abbraccio la pratica dell’elaborazione della nuova scena verso un prodotto perfetto. Il desiderio è la mia determinazione che è la gratitudine. E mi associo alla regista che dice che uno spettacolo va allestito in mesi e che non bastano 18 giorni di prove. Quante sensazioni che sguardo all’infinito! Ognuno vive e compie la sua fortuna. Ognuno si abbraccia o si strugge per le occasioni centrate o mancate. Le abbraccio tutte le ipotesi perché nel fluire appagato ogni sentire ottovolantesco trova la sua risposta, basta cercarla. Incoraggiamo, uniamoci alla verità che nell’arte è l’acqua potabile. In questo mi riferisco al direttore Laura Sicignano che abbraccio sorridente e amorevolmente per l’inafferrabile leggerezza di una Fatina desiderosa di essere Mangiafuoco.
Della Dr Sicignano ieri ho capito finalmente il ruolo. In questi due giorni di seminario su Franco Scaldati mi è parso di ascoltare l’opportunità che ho negato a me stesso come tanti, del suo essere genovese in patria Etna. Il ruolo nascosto, quell’origine lontana in quel rispondere al “per cui” funzione di direttore del Teatro di Giusti e Musumeci, quello che a seguire è stato il teatro dell’ingordigia e dell’approprio e dello svaccamento, del “lei non sa chi sono io”. Con piacere, forse inaspettato, ieri si è presentata tutta l’eleganza del Direttore Artistico con tutto il suo smarrimento nel deserto delle urla del mercato, delle zaudargini incrociate, dei benemeriti esaltati. La dr Sicignano ha mostrato a me in questi giorni la sana resistenza, quella riconoscibile in una dieta dimagrante di cui sono esperto e che disciplino solo quando mi amo. Si diventa più belli e sani e da lì si riparte
Si replica fino al 18 luglio a Catania

Vocazione

“La musica ha questa vocazione: la gioia di una nuova nascita, il primo colpo di fulmine, la tensione del primo bacio, l’emozione del primo amore (…) La musica è la nostra compagna di viaggio. La musica è il sale. Con la musica ricerchiamo e troviamo piena armonia. È l’eco della nostra emozione. Come in questo brano di Bennato, lo trovo ricco di leggerezza, educazione, gioia, capacità.”. Salvatore Greco, Parlo con la musica, Susil Edizioni