– Jung: Così è accaduto nei momenti cruciali della mia vita. Ho accettato di lasciarmi trasportare dalla corrente, senza sapere dove mi avrebbe portato. Tentavo di resistere, di oppormi alla forza che mi trascinava, ma ogni volta ero vinto non sapendo dove mi avrebbe condotto. Ho sperimentato quanto sia faticoso opporsi a questa corrente e quanto invece sia benefico affidarvisi senza regole, ho imparato, con gli anni, a lasciarmi portare.
– Sandler: Lei dice, dunque, che dovremmo credere che esista questa forza, e che sia dalla nostra parte, proprio in quei momenti in cui tutto sembra perduto.
– Jung: Non so se dobbiamo crederci. Io stesso non ci credo. Ne sono consapevole, è diverso. So che c’è una forza che sa dove condurci: essa ci porta esattamente là dove dobbiamo realizzare il nostro divenire. Conoscere se stessi è un imperativo noto, ma da molti dimenticato. Divenire se stessi non è solo un imperativo, è il telos della nostra esistenza! Se il significato della vita è che essa ci ha posto un problema, questo problema, è il nostro divenire.
– Sandler: Che dire allora dei nostri progetti, dei nostri piani per il futuro? Dovremo abbandonarli tutti?
– Jung: Non è questo il senso di ciò che intendo dire. Noi possiamo fare le nostre cose, decidere i nostri traguardi, o, come si preferisce, fare il nostro dovere. Resta il fatto, che tutto ciò corrisponde ad un’idea di sé che rappresenta solo quell’immagine dell’Io cosciente alle prese con l’opera del mondo. Al di sotto si svolge tutt’altra storia. Sicché le due vicende possono andare perfettamente d’accordo, ma è molto difficile che ciò accada. Ad un certo punto, il timone con il quale l’Io conduce le sue faccende vorrà sfidare la corrente: così potrebbe entrare in contrasto con il vento o forse il vento stesso potrebbe improvvisamente mutare. Una pianta che debba essere portata alla massima fioritura deve poter crescere nel suo terreno. Il suo terreno è qualcosa di più intimo di quanto potrebbe mai essere ogni progetto autoimposto, di così intimo come solo può essere il nostro Sé. La nevrosi è una frattura con sé, una profonda incrinatura del tempo vissuto. La sua cura consiste nella restituzione e nella riconquista del nostro tempo.
– Sandler: Ma cosa vuol dire riprendersi il tempo?
– Jung: Occorre evitare di pensare che riprendersi il tempo voglia dire dedicarsi all’ozio. L’ozio è un’illusione alimentata da coloro che vogliono prenderci il nostro tempo riempiendolo del loro nulla. In questo senso è la polarità opposta di quella di essere completamente assorbiti dall’Io e dal suo progetto: non c’è alcun equilibrio né in un caso né nell’altro. Dobbiamo svelare la trappola: sono gli altri che ci condannano al loro egoismo se accettiamo il loro tempo. Ed è in primo luogo in famiglia, che ciò può accadere. Non è possibile vivere troppo lungamente nei dintorni infantili senza mettere la propria salute in pericolo. Se venisse un giorno in cui fosse possibile protrarre la permanenza in famiglia sarebbe un giorno infausto. La vita ci chiama in avanti verso l’indipendenza e chiunque non facesse attenzione a questa chiamata, per pigrizia o per timidezza infantile, sarebbe già contagiato dalla nevrosi.
– Sandler: Ciò che lei sostiene è assai convincente, ma resta il fatto che pare anche assai impegnativo e costoso. Qual è il prezzo da pagare per la propria indipendenza?
– Jung: il prezzo da pagare per tutto questo non è altro che la solitudine. Affermare la propri indipendenza, non soggiacere al tempo degli altri e affidarsi alla corrente del divenire, sono tutte operazioni che hanno per oggetto la conoscenza di sé. Conoscere sé, è conoscere la solitudine. Più si avanza nella conoscenza di sé, più si scopre che si è soli. Si riscopre la necessità della solitudine. Vi sono momenti in cui ogni parola mi sembra futile e vana. In quei momenti, non c’è ristoro se non nel silenzio della solitudine che non significa affatto essere soli. Dovrei parlare di “solitudinizzarsi”, come equivalente dell’individuarsi, di quel divenire Sé di cui stiamo dicendo. Ma preferisco chiamarlo “distacco” e onorarne l’essenza sacra a portata di Scelta.
(da “Jung parla” – Adelphi)