Claudia: Della storia che mi hai raccontato non ho capito quasi niente. Ma scusa, un tipo così, come tu l’hai descritto, che non vuol bene a nessuno, non fa mica tanta pena sai? In fondo è colpa sua. Che cosa pretende dagli altri? Guido: Perché? credi che io non lo sappia? Come sei noiosina, anche tu. Claudia: Ah ma non ti si può dire proprio niente! Quanto sei buffo con quel cappellaccio truccato da vecchio! Io non capisco, incontra una ragazza che lo può far rinascere, che gli ridà vita e lui la rifiuta? Guido: Perché non ci crede più. Claudia: Perché non sa voler bene. Guido: Perché non è vero che una donna possa cambiare un uomo. Claudia: Perché non sa voler bene. Guido: E perché soprattutto non mi va di raccontare un’altra storia bugiarda. Claudia: Perché non sa voler bene.
Concretizzi il fatto che sei dentro ad una celebrazione, da sentimenti sconosciuti, appena arrivano queste battute che ti riportano a certe sequenze, viste e riviste, amate e riamate, in una offerta diversa.
Ieri sono stato al Piccolo Teatro della Città a Catania per assistere allo spettacolo 8 ½ Se questo è un sogno liberamente ispirato al capolavoro di Federico Fellini per la regia di Gisella Calì che ho conosciuto subito dopo lo spettacolo e con la quale mi sono congratulato per la vivacità della rappresentazione e per lo stile, molto inglese, di raccontare cantando.
Mi sono piaciuti gli stacchi della madre, la brava Barbara Gallo, le Folies Bergère di Carmela Buffa Galleo, le regole di Egle Doria, la grinta esplosiva di Laura Giordani, la composta leggerezza di Ornella Brunetto, la vivacità acuta di Laura Sfilio e i contrappunti eleganti di Cindy Cardillo, tutte a servizio dell’innamorato Emanuele Puglia.
Mi sono piaciuti i ritmi dello spettacolo. Mi è piaciuto lo sforzo e la grinta di tutta la compagnia, tecnici compresi, che ha confezionato uno spettacolo come se fosse il sentire di un quartiere, un piccolo paese, una comunità che necessita di esprimersi. Un gruppo di decisi volontari amanti di teatro si riunisce e con la sapiente guida di una di loro porta in scena una rappresentazione che non solo serve al pubblico, serve a tutti come esperimento e accrescimento di vita in omaggio all’estro di un visionario.
All’uscita ho abbracciato quelli che conosco, mi sono perso l’abbraccio con Ornella Brunetto.
Come si legge nel programma di sala questo spettacolo è una riflessione sulla vita e sull’arte, sulla relazione di coppia e le sue alterazioni, sulla ricerca del senso dell’esistenza e della verità, di “un centro di gravità permanente” in grado di mettere ordine. E se lo spettacolo chiudesse la sua passarella con la famosa canzone di Franco Battiato appena virgolettata? Avrebbe tolto la cornice del circo come si addice alla famosa festosità felliniana, e forse avrebbe punteggiato l’esperienza del gruppo in scena.
Brava Iole Patronaggio vocal coach e direttore di coro, a lei il merito dell’effetto musical. Il recitar cantando, mi dicono è la firma stilistica della regista Gisella Calì.
Questo spettacolo è prodotto da Associazione Città Teatro coordinata da Orazio Torrisi che ieri mi ha invitato a teatro. Questo spettacolo è un tassello della programmazione e posso immaginare i retroscena, le aspettative e lo sguardo sempre più in là di tutti.
In questo senso è perfetta la battuta riproposta da Emanuele Puglia (sarà in teatro il 29 e 30 marzo con Harem di Alberto Bassetti e la regia di Manuel Giliberti) che la porge alla platea senza le pause di Mastroianni, con il vissuto di un artista catanese caparbio e innamorato di ciò che fa. Mi sembra che queste parole producano una riflessione nella grande riflessione, una gigantesca pausa da incorniciare come all’interno dell’auto nel film. In questo caso segna una continua ripartenza: “Ma che cos’è questo lampo di felicità che mi fa tremare, mi ridà forza, vita? Vi domando scusa, dolcissime creature; non avevo capito, non sapevo. Com’è giusto accettarvi, amarci. E come è semplice! Luisa, mi sento come liberato: tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare. Ma non so dire… Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di nuovo confuso. Ma questa confusione sono io, io come sono, non come vorrei essere adesso. E non mi fa più paura dire la verità, quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo, e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita: viviamola insieme! Non so dirti altro, Luisa, né a te né agli altri: accettami così come sono, se puoi. È l’unico modo per tentare di trovarci.”
Andare a teatro come allenamento

